La storia di Bruno Giacosa è semplice e unica proprio come i suoi vini. è grazie a queste caratteristiche che è considerato il vignaiolo di Langa per eccellenza e le sue bottiglie, a distanza di anni, continuano a entusiasmare. Si tratta di vini veri, semplici ed eleganti che, senza retorica e al di sopra di ogni moda, rappresentano non solo un territorio, ma la singola vigna. Il carattere dell’uomo rispecchia i suoi vini e viceversa, creando un binomio indivisibile. Per questo la storia della sua vita, raccontata durante la Lectio Magistralis seguita da Laurea Honoris Causa all’università di Pollenzo nel 2012, oltre a essere molto affascinante e a presentare un quadro della storia enologica italiana, è fondamentale per capire e apprezzare ancora di più (nel caso ce ne fosse bisogno!) le sue bottiglie. Bruno Giacosa è nato nelle Langhe piemontesi nel 1929. I primi profumi che ha sentito sono stati quelli del vino del nonno Carlo che già alla fine dell’800 vinificava e imbottigliava. Proprio nel 1929 il nonno muore e il padre Mario prende in mano l’attività di famiglia. Il 1929 è anche l’anno della grande crisi economica e Mario decide di smettere di imbottigliare e di limitarsi a comprare uve da rivendere come vino sfuso. è dopo la fine della seconda guerra mondiale che Bruno, all’età di 16 anni, inizia a lavorare insieme al padre. In quel periodo gira per le Langhe e impara a scegliere le uve e l’arte della contrattazione. In cantina invece, non bevendo ancora vino, impara ad usare l’olfatto e ne scopre presto l’importanza. Lui stesso ha affermato che è fondamentale assaggiare tanti vini diversi, ma sviluppare l’olfatto è altrettanto necessario perché si può già capire se un vino è sporco o pulito, se può invecchiare, se può meritare un’etichetta apposita, se è meglio farlo invecchiare prima di imbottigliarlo oppure se è preferibile venderlo subito. Negli anni cinquanta iniziano i primi segni della ripresa economica e torna l’interesse per il vino di qualità. Bruno ha 31 anni e prende in mano l’attività di famiglia. Nel 1960 nasce ufficialmente l’azienda Bruno Giacosa con la produzione di vini solo di qualità. Giacosa comincia acquistando esclusivamente le uve più belle dei migliori vigneti delle Langhe. Nel 1960 etichetta le prime 20.000 bottiglie di vini diversi che aveva vinificato precedentemente e conservato. La prima etichetta che riporta il suo nome risale al 1957. I suoi vini sono la dimostrazione dell’importanza della zona enologica di provenienza, così come insegnano i francesi. La loro longevità ne è la prova. La persona che lo ha spinto a riportare in etichetta il cru è stato Veronelli che ogni volta che li assaggiava si lamentava che non avevano un nome. Nel 1961 scrive per la prima volta sull’etichetta del suo barbaresco la parola Riserva Speciale ad indicare un’annata particolarmente fortunata. Nel 1967 oltre al nome del vino viene riportato anche il nome del singolo vigneto di provenienza delle uve: Barbaresco Asili e Barolo Collina Rionda, seguiti nel 1968 dal Barbaresco Santo Stefano. Con il passare degli anni però diventa sempre più difficile trovare uve di qualità. Finalmente nel 1980 Giacosa riesce ad acquistare una grossa vigna in Serralunga, i 13 ettari del cru Falletto al completo. Un vigneto in grado di garantirgli emozioni e grandi risultati. Per trovare un bellissimo vigneto in vendita nella zona del Barbaresco deve aspettare fino al 1996, quando ha l’occasione di acquistare più di 5 ettari negli Asili.
Passano gli anni ma l’idea di Bruno è sempre la stessa: è in vigna che si decide se il vino è buono oppure no, perché in cantina c’è poco da inventare e, se le uve non sono sane, non si potrà mai creare una grande bottiglia. Il vino deve essere buono e quello a base di nebbiolo deve poter migliorare e invecchiare per molti anni nel modo più naturale possibile. I suoi vini non hanno l’aggiunta di lieviti esterni, le uve sono trattate meno possibile, tutte le fermentazioni sono attivate in modo spontaneo con i lieviti naturali che si trovano nelle vigne e in cantina. Quando negli anni ’80 e ’90 vi è stata la polemica tra innovatori e tradizionalisti, Giacosa non si è mai inserito nel dibattito ma ha dimostrato negli anni di essere molto legato all’espressione più classica del nebbiolo, perché convinto che non necessiti di aggiunte esterne. è sempre rimasto legato all’uso di botti grandi e non ha mai voluto adottare la barrique. Una lenta evoluzione, come quella che avviene in una botte grande, è il modo ideale per ottenere vini che rispettino pienamente la personalità delle uve e che siano in grado di maturare in bottiglia per oltre trent’anni. Vini rotondi, ancora profumati, maturi ma non vecchi. I suoi vini sono come quelli che lui predilige bere, semplici ma appaganti e ricchi di frutto, diretti e mai più importanti del cibo. Questo è il segreto del suo successo. Oggi possiamo affermare che Giacosa è stato un grande tradizionalista ma è anche estremamente moderno. La nostra idea contemporanea di vino naturale, biologico, biodinamico, che rispecchia un territorio e rispetta i cicli della natura è un modello che Giacosa ha sempre perseguito con i risultati che a distanza di oltre 30 anni possiamo verificare. Con il trascorrere del tempo le Langhe sono diventate sempre più un luogo in cui si produce qualità e sono considerate una delle aree più vocate del pianeta. I vini piemontesi hanno finalmente raggiunto la fama che Giacosa ha sempre auspicato ma è proprio grazie al suo contributo che si è diffusa nel mondo l’immagine dei vini Barolo e Barbaresco.
Di Luisa Bianconi