DEI DELITTI E DELLE PENE DI CESARE BECCARIA


Costituita da una veste editoriale semplicissima, con un frontespizio che - privo d’ornamenti a parte un piccolo fregio xilografico - contiene soltanto il titolo, la data di stampa e un previdente motto di Francesco bacone preso dai sermoni, si presenta la rarissima prima edizione dei delitti e delle pene di Cesare beccaria (1738-1794), cimelio dell’Illuminismo italiano, pubblicato anonimamente nella stamperia livornese di Marco Coltellini nel 1764. 
L’evoluzione dell’opera va vista nel contesto intellettuale della capitale lombarda dell’epoca. Il giovane marchesino beccaria, amico di pietro e Alessandro Verri, di Al- fonso Longo, di Luigi Lambertenghi e soprattutto del cremonese giambattista biffi, frequenta la neofondata Accademia dei pugni (1761), che riunendosi nella casa di pietro Verri in contrada del Monte di Santa Teresa (oggi via Montenapoleone) discuteva delle vicende illuministiche, economiche e finanziarie che ap- passionavano Milano negli ultimi tempi della guerra dei Sette Anni. beccaria stesso dichiara più tardi “che la sua ‘conversione alla filosofia’ datava dal 1761 ed era stata, ini- zialmente suscitata dalle lettres persanes di Montesquieu [...] buffon, diderot, Hume, d’Alembert, Condillac furono le tappe susseguenti di questa iniziazione al mondo dei lumi. A questi scrittori bisogna aggiungere le opere, le idee, lo spirito di J. rousseau, che finì forse col soverchiare, col suo più profondo appello, le voci di tutti gli altri nell’animo del beccaria” (dbI 7, 1970). 

Dei delitti e delle pene fu composto tra il marzo 1763 e il gennaio 1764 con l’intento di opporsi con fermezza alla tortura e alla pena di morte - comminata a Milano per una trentina di reati, incluso il semplice furto. La spinta decisiva alla sua stesura si deve ai fratelli Verri. Alessandro, laureatosi da poco in giurisprudenza, fu “protettore dei carcerati”, e portava ai membri dell’Accademia una quotidiana esperienza di miserie e lamenti, di un sistema penale crudele e arbitrario, con metodi barbari e processi segre- ti. pietro d’altra parte, anche lui in precedenza già “protettore dei carcerati”, pubblica proprio nel 1763 la sua orazione panegirica sulla giurisprudenza milanese, argomento che trova continuazione nel saggio sulla interpretazione delle leggi (pubblicato sul caffè del 1765) e nelle osservazioni sulla tortura (1776-77). 
Appena stampato, il Sant’Uffizio inserisce dei delitti e delle pene nell’Indice dei libri proibiti. Il mondo non era pronto ai cambiamenti traumatici suggeriti nel volume, in merito a crudeltà e inutilità di torture e pena capitale per reati inconsistenti e precari. Non a caso il trattato fu edito a Livorno, sede di una nutrita colonia inglese, in un contesto aperto, favorevole all’Illuminismo e contrario a restrizioni e censure. 

Il breve scritto, oggi considerato “one of the most influential books in the history of criminology” (printing and the Mind of Man, numero 209), ebbe comunque un suc- cesso immediato con sei edizioni pubblicate nel corso di soltanto diciotto mesi e successive traduzioni in 22 lingue. “beccaria maintained that the gravity of the crime should be measured by its injury to society and that the penalties should be related to this. The prevention of crime he held to be of greater importance than its punishment, and the certainty of punishment of greater effect than its severity. He denounced the use of torture and secret judicial proceedings. He opposed capital punishment, which should be replaced by life imprisonment; crimes against property should be in the first place punished by fines, political crimes by banishment; and the conditions in prisons should be radically improved [...][his] ideas have now become so common- place that is difficult to appreciate their revolutionary impact at the time” (printing and the Mind of Man, numero 209). 
Nonostante la celebrità del trattato, si annotano pochi passaggi della princeps in asta. Un esemplare in barbe e senza l’errata, come la nostra copia, fu aggiudicato in Italia l’ultima volta nel 2005 per e 11.780.
particolarmente interessante e ulteriore testimone delle discussioni seguite alla pub- blicazione stessa, è l’aggiunta nel nostro esemplare di un piccolo opuscolo legato in fine volume, osservazioni critiche di callimaco limi sul libro intitolato dei delitti e delle pene stampato nel 1764, opera d’autore anonimo, ma in realtà scritto da Camil- lo Almici, giovanni Maria Mazzucchelli e giovanni battista rodella e pubblicato nel tomo 13 del periodico nuova raccolta d’opuscoli scientifici e filologici nel 1765, che affronta con impegno apologetico il tanto discusso tema della morale naturale, e fini- sce per rifiutare dell’opera di beccaria i punti contrattualistici orientandosi all’origine divina della sovranità. 

Di Annette Popel Pozzo