Nella prossima asta di arredi e dipinti antichi del 25 settembre, verrà presentata la collezione costituita dai beni appartenuti a Niccolò Paganini e ai suoi discendenti. Spiccano due ritratti del violinista, uno in marmo e l’altro dipinto ad olio, ideati rispettivamente da Santo Varni e da George Patten (foto n. 1 e n. 2). Entrambi gli ar- tisti erano vicini alla sensibilità romantica che in scultura e in pittura (in particolare nella ritrattistica) stava definendosi quasi in contrapposizione all’accademismo di gusto neoclassico. Così Niccolò Paganini, il soggetto dei ritratti, contribuì, grazie ai virtuosismi della sua tecnica, alla sua creatività e a una discreta dose di moderno self-marketing, a ideare e a impersonare il Romanticismo nella musica.
Il ritratto in marmo, in particolare, venne eseguito da Santo Varni tra il 1836 e il 1844. Ma già nell’estate del 1834 lo scultore ricevette visite e somme in denaro da Niccolò Paganini come appare nei suoi appunti autografi scritti sulle agende di pro- prietà degli eredi (foto n. 3). Non si sa se Niccolò passasse una cifra in denaro allo scultore per permettere al figlio Achille di frequentare un corso di disegno presso il suo studio. Quello che è certo è che fu proprio Achille a commissionargli il busto che effigiava suo padre: secondo lui avrebbe dovutoessere destinato alla municipalità di Genova (in: Santo Varni scultore (1807-1885), catalogo della mostra, Ge- nova 1985, pp. 81-82). Ed è documentato da una fonte bibliografica coeva che il busto, ancora in gesso, nel 1836, fosse presente nello studio di Santo Varni (cfr.: ibidem). Da circa un anno lo scultore era a bottega da Lorenzo Bartolini, portatore di stimoli provenienti dal- la Francia e presenti comunque nel clima internaziona- le della Firenze dell’epoca. Quando tornò a Genova nel 1837, Varni, divenne maestro di scultura all’Accademia Ligustica e si fece promotore quindi, nella sua città natale, di quel linguaggio aperto alle istanze naturalistiche di moda nel resto d’Europa. Il busto che effigia Paganini, scolpito in marmo entro il 1844, con il volto leggermente di tre quarti con i capelli che ricadono a ciocche sulle spalle, colpisce nella resa vibrante della superficie e nella vitalità dello sguardo.
L’espressività e la naturalezza è la stessa che si coglie nell’effigie del dipinto dell’in- glese George Patten. Frequentatore della Royal Academy of Art di Londra nel 1828 aveva abbandonato la carriera di miniaturista. Ritrasse Paganini nell’agosto del 1832, nel pieno della tournée che lo impegnava già da un anno e mezzo. Paganini appare seduto su una poltrona, tiene il suo violino a destra tra il braccio e il fianco e l’archet- to con la mano destra. Poltrona e attributi della professione si ispirano all’iconogra- fia del ritratto di Henry Halford (1825 circa) opera di Thomas Lawrence, presidente della Royal Academy (crf.: M. Levey, Sir Thomas Lawrence 1769-1830, Londra 1979, p. 79, n. 45). Patten riesce a cogliere in Paganini la personalità dirompente dell’artista romantico, pur sempre nell’ambito dell’accade- mismo così come appare nell’esercizio formale di sovrapporre un fondo nero su un abito scuro. Entusiasta della verosimiglianza, pochi mesi dopo Paganini chiederà a Patten una replica (in: E. Neill, Paganini epistolario, Genova 1982, p. 159, n. 183, 10/11/1832), già nel 1837 era a Genova (in: ibidem, p. 220, n. 278, 30/03/1837). Achille Paganini probabilmente consa- pevole di quanto il padre si rico- noscesse, lo indicherà espressa- mente nel suo testamento tra le opere da conservare in un even- tuale museo. Busto e ritratto a olio risultano nel documento della divisione ereditaria dopo la morte di Achille (segnala- zione di M.R. Moretti: Par- ma, Archivio Notarile Distrettuale, 1899).
Di Maria Ludovica Vertova