Non esiste settore della vita politica e civile, delle scienze, della letteratura e delle arti nel quale dal territorio toscano non siano arrivati contributi significativi per la costruzione della civiltà occidentale. Nomi come Dante, Giotto, Machiavelli, Galileo e Luca Pacioli, solo per fare qualche esempio, sono noti in tutto il mondo e non è neppure il caso di sottolineare il ruolo di innovazione e sviluppo che essi ebbero nella crescita culturale dell’occidente. Anche per quanto riguarda la numismatica il territorio toscano si distingue per aver proposto modelli, consolidato esperienze e, in definitiva, per essersi offerto al mondo in termini di eccellenza: ne sono esempi la monetazione etrusca, particolarissima per le sue caratteristiche e prima monetazione autoctona e non di derivazione greca in occidente, la monetazione comunale del Secolo XI, espressione dell’affermazione delle prime autonomie comunali, che fiorirono in Toscana, la comparsa e la diffusione in Europa del fiorino d’oro di Firenze, prima moneta medioevale d’occidente ad avere una circolazione di respiro continentale.
Dal forte radicamento delle autonomie comunali derivò la formazione sul territorio toscano di una serie di repubbliche, spesso in feroce competizione fra loro e con altri territori, in grado di impedire l’emergere di famiglie o dinastie egemoni che potessero dar vita a monarchie locali. Oltre che a Firenze, sviluppi di quel tipo, fedelmente testimoniati dalla monetazione, si verificarono ad esempio a Pisa, una delle quattro celebri repubbliche marinare, a Lucca, che mantenne orgogliosamente la sua autonomia repubblicana fino al periodo napoleonico, e a Siena, che sfidò il predominio fiorentino e fu soggiogata solo nella seconda metà del Secolo XVI, quando ormai a Firenze era già emerso il potere monarchico dei Medici.
Per Firenze e per la Toscana l’avvento di quel potere monarchico segnò non tanto il passaggio a un diverso ordinamento politico, quanto piuttosto una vera e propria discontinuità, con la chiusura di tutto un passato e l’apertura di un nuovo periodo della loro storia. La monetazione, ancora una volta specchio fedele della realtà politico-istituzionale che la esprime, non fece che registrare la discontinuità e ben presto la costante uniformità dei tipi – gelosamente mantenuta nei secoli – lasciò spazio alle effigi dei granduchi e a rappresentazioni di varia natura, più frequentemente religiosa, ma, come vedremo, con ampia presenza di rappresentazioni legate alla vita economica. Ecco quindi irrompere sulla scena l’effigie di Cosimo, il primo Granduca di Toscana, su una moneta che adotta al rovescio la raffigurazione tipica delle monete di Siena, appena conquistata: una veduta panoramica della città sotto la protezione della Vergine Maria destinata a ricordare la battaglia di Montaperti, nella quale tre secoli prima i ghibellini senesi avevano respinto l’assalto dei guelfi fiorentini.
Dopo Cosimo troviamo il suo primo figlio, Francesco, dedito a tutto tranne che agli affari di stato, morto in circostanze avvolte dal mistero e sostituito da Ferdinando, il fratello minore che era stato designato a rappresentare il casato nella carriera ecclesiastica. Egli divenne granduca mantenendo per qualche anno lo stato di Principe della Chiesa, come ci mostra chiaramente la Piastra, nella quale il sovrano è effigiato in abito cardinalizio, in abbinamento a un rovescio che presenta gli elementi simbolici del suo doppio stato e il richiamo all’araldica familiare costituito dalle palle medicee. Abbandonata la porpora, Ferdinando sposò Cristina di Lorena e si dedicò ad amministrare lo stato, inaugurando un periodo di pace, di prosperità e di grande impulso al traffico commerciale marittimo con l’oriente, favorito in particolare dai ciclopici lavori di ampliamento del porto di Livorno da lui promossi. Nel corso del suo regno i Medici toccarono il loro apogeo e iniziò la lenta discesa verso la fine della dinastia che sarebbe intervenuta dopo più di un secolo. A Ferdinando succedette il figlio Cosimo II, cagionevole di salute e succube della madre, che mise a repentaglio le finanze dello stato con continue e cospicue elargizioni a ordini religiosi e istituti caritatevoli. Ma Cosimo II, pur nella brevità del suo regno, riuscì comunque a lasciare l’impronta di un Medici, per aver difeso Galileo e per aver proseguito i lavori nel porto di Livorno: di lui, morto a soli trent’anni, la numismatica ci propone l’effi- gie che campeggia sulla Piastra.
Con la morte di Cosimo II arrivò al vertice della famiglia il figlio Ferdinando II, salito al trono a soli undici anni e quindi sotto la reggenza della madre Maria Maddalena d’Austria e della nonna, Cristina di Lorena, ancora viva. Debole di carattere, Ferdinando II non riuscì praticamente mai ad esercitare il potere sottraendolo al clero e si dedicò al riordino dell’ingentissima mole di ricchezze accumulato dalla famiglia nei secoli precedenti e in particolare delle collezioni di opere d’arte, incrementatesi durante il suo regno per gli apporti della moglie Vittoria della Rovere, ultima erede del Ducato di Urbino. Il declino dei Medici si compì con gli ultimi due rappresentanti del casato: Cosimo III e Gian Gastone. Il primo, educato dai Gesuiti nel clima oscurantista instauratosi a Firenze, durò al governo per ben 53 anni, durante i quali mise in atto una politica di vero e proprio integralismo religioso e fece sfoggio di protervia e di vanità, manifestando grande disprezzo per le esigenze dei sudditi. Il secondo, che da erede al trono non aveva fatto mistero della sua omosessualità, divenne granduca in un clima nel quale, essendo risaputo che non avrebbe avuto discendenti, il Granducato di Toscana era visto dalle potenze europee come una pedina per i mercanteggiamenti di troni che caratterizzarono il Secolo XVIII.
La mancanza di qualità di governo degli ultimi Medici non impedì al Granducato di crescere economicamente attraverso il porto di Livorno, che assunse un’importanza sempre maggiore nel traffico commerciale marittimo del Secolo XVIII, tanto da richiedere l’emissione di una moneta d’argento specifica, di peso e titolo uguali a quelli del Thaler di area tedesca, divenuto la moneta di riferimento per gli scambi commerciali in oriente. A tale moneta fu dato il nome di Tollero, mutuandolo dalla deformazione dialettale della parola Thaler del tedesco scritto, che veniva pronunciata Tòler, e anticipando in questo ciò che poco dopo sarebbe successo in America con la nascita del Dollar, altra evidente deformazione dialettale della parola Thaler. Entrambi gli ultimi Medici sono qui rappresentati da Tolleri cosiddetti “livornini”, nei quali cioè, al rovescio, compare una vista d’insieme del porto di Livorno, Cosimo III, o un particolare della sua fortificazione, Gian Gastone. I Medici, una dinastia di origini popolaresche, emersa non per nobiltà concessa da papi o imperatori, ma per i successi conseguiti nell’attività mercantile e finanziaria, che è diventata il simbolo stesso del Rinascimento. Ha dato alla storia tre papi, fra i quali in particolare Leone X e Clemente VII, una serie innumerevole di cardinali e due regine di Francia, Caterina e Maria de Medici, che seppero entrambe occupare mirabilmente la posizione acquisita, così come altre dame del casato, andate in spose alla nobiltà di tutta Europa. Granduchi, papi e regine di casa Medici ci hanno lasciato testimonianze numismatiche anche nella medaglistica, nella quale si sono espressi attraverso i migliori incisori della loro epoca, dando vita a una spettacolare galleria di ritratti. Ma questa è un’altra storia.
Di Carlo Barzan