Sempre più spesso sento parlare di come i cellulari, grazie alla pura e semplice indicazione dell’ora, stiano sopperendo alla necessità dell’uomo moderno di indossare gli orologi. Eppure, dietro a questo pensiero apparentemente inconfutabile, esiste un paragone di cento anni fa che dimostra il contrario e si sintetizza in una singola parola: praticità. Per leggere l’ora dal cellulare bisogna prima di tutto prenderlo dalla tasca, attivare lo schermo e infine riporlo. Questo mi ricorda molto le necessità degli orologi da tasca che per secoli, grazie alla loro evoluzione pratica, estetica e tecnica, hanno accompagnato l’uomo.
Eppure alle porte del Novecento l’avvento dell’orologio da polso, in un primo momento snobbato dagli uomini e adorato dalle donne, ha preso sempre più piede anche grazie alla sua dimostrata efficacia nei difficili momenti delle guerre quando ufficiali e comandanti potevano affidarsi, nelle scelte strategiche, a un orologio capace di mostrare l’ora a colpo d’occhio. Grazie a questa praticità, che solo l’orologio da polso era in grado di offrire, quello da tasca fu lentamente soppiantato.
Tuttavia, se quest’ultimo generalmente si è ritrovato “nel cassetto”, non ha mai smesso di affascinare e, anche se non fa più parte dell’ordinario, ha saputo resistere fino al vero e proprio boom sociale ed economico del suo successore, negli anni ’80. Nonostante quest’ultimo duro colpo, l’orologeria da tasca suscita ancora oggi, in un’era prettamente digitale, un forte interesse nel collezionista che ne sa apprezzare la bellezza estetica, storica e soprattutto tecnica. Lo stesso discorso vale in maniera maggiore per l’orologio da polso che in breve tempo dalla sua nascita ha eguagliato traguardi invidiabili sia a livello di sviluppo tecnologico sia di successo commerciale, entrando di diritto nel costume dell’uomo moderno.
A discapito di chi ne prefigura una prematura scomparsa, l’orologio da polso continua ad avere un trend stabile nelle vendite del nuovo e una costante crescita per quanto riguarda il vintage. Come per il suo antesignano da tasca, per cui il mondo delle aste dimostra tuttora un mercato vivo e pieno d’interesse che ne preclude la definitiva scomparsa, lo smartphone non potrà mai essere comparabile al fascino fatto di rotismi che rendono vivi gli orologi nati dall’abilità dei maestri di un tempo e di quelli creati dalle moderne maison. E così a parer mio l’orologio classico, forte di un background storico del tutto invidiabile unito all’intrinseca praticità, ha ancora una lunga e fiorente strada davanti a sé.
di ENRICO AURILI