IL PAESAGGIO NELLA FOTOGRAFIA AMERICANA


La fotografia, insieme con il cinema, ha determinato la nuova visione del paesaggio americano. già nell’ottocento autori come Timothy o’Sullivan o William Henry Jackson fotografarono gli Stati Uniti, allora nazione nascente, immortalandone i paesaggi sconfinati. Ma sarà la fotografia del Novecento a rivendicare la sua auto- nomia espressiva e ad affermare il primato nella rappresentazione del paesaggio. 

In disaccordo con le tendenze pittorialiste dei primi del Novecento alcuni fotografi decidono di opporsi agli stilemi dell’epoca che privilegiavano una fotografia dalle tonalità morbide e dagli effetti pastello, ammiccante alle meglio consolidate arti pittoriche. Alcuni di que- sti autori nel 1932 fondano il gruppo f/64. Il nome è un chiara dichiara- zione di intenti: f/64 si riferisce alla minima apertura di diaframma nello scatto della fotografia, intervento che permette di ottenere immagini dense e dettagliate. 

Tra i fondatori del gruppo, ansel adams è certamen- te l’autore che rivitalizza la concezione di paesaggio aprendo la strada alla fotografia moderna. La natura per Adams non è più avvolta da un’atmosfera roman- tica e nebulosa. La grandiosità e la nitidezza delle im- magini ne rendono la bellezza assoluta, escludendo la presenza umana. Adams coglie il paesaggio nella sua piena drammaticità con luci e ombre nette che esal- tano la materia delle rocce. Le sofisticate stampe che realizza, con cura quasi maniacale, restituiscono il fine dettaglio del soggetto che diventa quasi palpabile. Un esempio di questa purezza nella resa del paesaggio è certamente Moon and half dome, uno degli scatti più famosi del maestro. Newhall ricorda nel suo testo “Il fotografo, come il musicista, domina e controlla perfet- tamente il suo strumento. Non c’è più posto per il caso, e il fotografo può con- centrarsi sull’aspetto estetico del suo lavoro, con la sicurezza che i risultati non solo saranno eccellenti sul piano tecnico, ma realizzeranno la sua interpretazione personale del soggetto”. 

Se il lavoro di Adams è completamente rivolto alla contemplazione della natura come luogo selvaggio e incontaminato dalla presenza dell’uomo, un’altra fotografa a lui contemporanea, berenice abbott si dedica alla rappresentazione del paesag- gio urbano di New york, la città, che con i suoi immensi grattacieli sembra violare le leggi stesse della natura. Negli anni Venti la Abbott si reca a parigi dove entra in contatto con il vivace mondo culturale di quegli anni. Sarà proprio uno dei massimi esponenti del gruppo dada ad avvicinarla alla fotografia. Man ray infatti l’assume come sua assistente di camera oscura e successivamente la introduce al lavoro di un altro grande fotografo francese, Eugene Atget. rientrata negli Stati Uniti la Abbott abbraccia il linguaggio fotografico diretto che privilegia una visione realistica e non manipolata o artefatta della realtà. Nell’immagine qui proposta new york, Festival italiano di rector street, la Abbott esalta la maestosità dei palazzi che si ergono ver- so il cielo oscurandone la vista e abbina con maestria le differenti tonalità di grigio dei palazzi, astratta composizione di cubi. La presenza della festa, di cui abbiamo notizia dal titolo, è lasciata al solo dettaglio dei festoni di luci. 

Aaron Siskind, di un solo anno più anziano di Ansel Adams, giunge alla fotografia nella maturità con un primo approccio legato alla documentazione sociale e di denuncia. Attivo all’interno della the photo league, cooperativa di fotografi impe- gnati nella documentazione delle condizioni di povertà e disuguaglianza, realizza diversi reportage a sfondo sociale. Il suo lavoro ha una svolta negli anni Cinquanta quando decide di dedicarsi alla fotografia astratta. Il suo obiettivo non si rivolge a soggetti grandiosi, come la montagna e la natura di Adams o la città disegnata dai grandi grattacieli della Abbott, ma si concentra su dettagli, spesso insignificanti o secondari. I protagonisti delle fotografie di Siskind sono quindi oggetti abbandonati, selciati o muri scrostati che l’autore delinea in un suo spazio astratto. La fotografia lima 141, un anonimo muro con strisciate di colore, non è ottenuta per manipola- zione ma grazie all’approssimarsi dell’occhio del fotografo che sceglie di inquadrare quel dettaglio e renderlo un nuovo soggetto. 

Gli approcci di questi autori differiscono nell’individuazione del soggetto: la natura, la città, il dettaglio. Tutti restano però fedali al tema a loro caro, reale, concreto, mai manipolato. In questi lavori è condivisa la fedeltà al soggetto e allo strumento, la lente che vede chiaramente e che non distorce, ma che solo l’atto del guardare trasforma in oggetto estetico. 

Di Silvia Berselli