Collezionare monete dell’Ottocento italiano consente di entrare in contatto con un mondo che ci è ancora in qualche modo vicino e del quale possiamo abbastanza facilmente riconoscere i segni che ha lasciato anche nel tempo in cui viviamo. Sebbene la collezione di cui stiamo parlando riguardi un solo secolo e la sola Italia, le monete da prendere in considerazione sarebbero alcune centinaia di tipi diversi a dimostrazione del complesso scenario politico della penisola italiana in questo periodo. Perché siano così tante è facilmente spiegabile con il fatto che nell’Ottocento si formò lo stato unitario italiano e che, prima del 1861, l’Italia non era che una “espressione geografica” secondo una famosa definizione di Metternich – formata da una decina scarsa di Stati, alcuni dei quali di importanza modesta, ma ciascuno, ovviamente, con il proprio sistema monetario. Addentrandoci un minimo fra questi sistemi, ci imbattiamo in primo luogo nel Regno Lombardo-Veneto, uno degli Stati che componevano l’Impero d’Austria, ove troviamo addirittura la coesistenza di due diversi sistemi monetari: quello specifico e quello austriaco in generale. Ma se la lira austriaca fungeva da collegamento per la valuta circolante, per quanto riguarda le monete d’oro, i due sistemi monetari non avevano punti di contatto: Sovrana del Lombardo-Veneto e Ducato austriaco erano monete del tutto differenti e senza un legame semplice fra loro.
Dal Lombardo-Veneto passiamo alla Toscana, un Granducato, che seppure retto da un esponente della famiglia degli Asburgo non aveva i legami con l’Austria tipici del Lombardo-Veneto. Ma la complicazione anche in questo caso non è minore: troviamo monete legate alla tradizione come zecchini e Rusponi, ed esemplari di nuova concezione, come il pezzo da 80 Fiorini, una moneta la cui natura di lingotto d’oro monetato è sottolineata dal fatto di riportare in chiaro il marchio Ki24 (Carati 24), dunque oro 24 Carati.
In questo sguardo a volo d’uccello sulla penisola, puntiamo ora direttamente al sud dove troviamo il Regno delle Due Sicilie, con una splendida serie d’argento in sequenza duodecimale: Piastra da 120 Grana, Mezza Piastra da 60 Grana, Tarì da 20 Grana, Carlino da 10 Grana e Mezzo Carlino da 5 Grana. A essa fa riscontro un’analoga serie in oro, basata sul Ducato come moneta di conto e con espressioni monetarie da 30, 15, 6 e 3 Ducati.
Tra gli Stati preunitari più importanti non resta che lo Stato Pontificio, che abbiamo lasciato per ultimo in quanto la sua monetazione ci fornisce l’aggancio con la parte più semplice e più nota della monetazione ottocentesca, quella a sistema decimale. In questo Stato, attraverso il quale si esprimeva il potere temporale dei Papi, troviamo lo Scudo d’argento suddiviso in 100 Baiocchi e accompagnato da monete in oro che, a partire da una monetina che rappresenta la declinazione in oro dello Scudo d’argento, si sviluppa con tre suoi multipli il 2 Scudi e mezzo, il 5 e il 10 Scudi. Si trattava di una realtà monetaria consolidata da secoli, ma che entrò in crisi a partire dal 1861, quando lo Stato Pontificio fu ridotto al solo Lazio, mentre gli altri suoi territori, Umbria, Marche, Romagna e parte dell’Emilia, entrarono a far parte del Regno d’Italia. Evidentemente sotto la pressione delle esigenze commerciali, nel 1866, a soli quattro anni dalla sua definitiva cessazione, lo Stato Pontificio adottò la Lira Italiana come unità monetaria e diede vita a emissioni monetarie decimali analoghe a quelle del Regno d’Italia, salvo qualche margina- le differenza nei “tagli”. Appartengono al periodo 1866- 1870 le emissioni in oro da 100, 50, 20, 10 e 5 Lire e quelle in argento da 5, 2 e mezzo, 2, 1 Lira e 10 e 5 Soldi (queste due ultime pari rispettivamente a 50 e 25 Centesimi).
Più interessanti e certamente meno note sono le monete a sistema decimale delle repubbliche prenapoleoniche e dello stesso Napoleone. In questo settore, il 20 Franchi in oro della Repubblica Subalpina si distingue per vari motivi. Innanzitutto si tratta della prima emissione in oro secondo lo standard del sistema decimale, poiché la sua coniazione iniziò nell’anno IX della Rivoluzione (1801), mentre in Francia, solo a partire dall’anno XI (1804), le monete d’oro del sistema decimale si affiancarono a quelle d’argento, che circolavano fin dall’anno IV (1796). Inoltre, esaminando la moneta nel dettaglio, si nota al diritto un busto muliebre elmato, raffigurazione della Repubblica ispirata alla dea Minerva, e la leggen- a L’ITALIE DÉLIVRÉE MARENCO, l’Italia liberata, fondata a Marengo; in pratica una celebrazione della battaglia e delle sue grandi conseguenze politiche. Da allora, e Italia tutte le monete da 20 Franchi o Lire del peso di gr. 6,45 si definiscono marenghi, in omaggio a questa moneta capostipite e indirettamente alla località in provincia di Alessandria nel cui territorio si combatté la battaglia che essa celebrava.
Le monete di Napoleone sono certamente più standardizzate e ripetitive di quelle delle repubbliche, ma offrono un panorama più vasto e sistematico sulla monetazione della loro epoca, essendo presenti tutti i possibili “tagli” del sistema decimale, sia in Franchi (per il Piemonte, la Liguria e il Lazio) sia in Lire (per la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna). Come sempre la monetazione non è che uno specchio della realtà e da essa traspare chiaramente l’idea che Napoleone aveva dell’Italia: un territorio e un popolo con una parvenza di indipendenza, ma in tutto e per tutto legati alla Francia.
Altri esempi di monetazione decimale dell’Ottocento italiano si riscontrano anche a Parma, nel Ducato che fu costituito per essere assegnato a Maria Luigia, l’Arciduchessa d’Austria seconda moglie di Napoleone, ma le più interessanti sono quelle dei Governi Provvisori del 1848 coniate a Milano e a Venezia. E non dobbiamo dimenticare Gioachino Murat, le cui monete a Napoli ricalcavano gli esemplari voluti da Napoleone a Milano. La veloce carrellata con la quale abbiamo passato in rassegna la monetazione italiana dell’Ottocento aveva lo scopo di dare almeno l’idea dell’interesse che può rivestire una collezione numismatica pur riferita a un periodo ampiamente noto e nel quale non vi sono particolari scoperte da fare sul piano storico. Un periodo però molto vario sotto il profilo delle coniazioni, che bene rappresenta il passaggio storico dall’età moderna a quella contemporanea, e che si presta a vari approcci collezionistici, appassionante e coinvolgente sia per l’esperto che vuole inserire nella sua raccolta esemplari importanti, sia per il collezionista alle prime armi che si avvicina gradualmente alla numismatica.
Di Carlo Barzan