LE MONETE DEI GONZAGA FRA ARTE E STORIA


La corte dei Gonzaga fu per cultura e arte una delle più importanti del Rinascimento italiano e senza dubbio il suo prestigio intellettuale fu superiore al peso politico, soprattutto se paragonato alle grandi famiglie dell’epoca, quali gli Sforza o i Medici, o altre realtà cittadine, come Genova o Venezia. Una ricchezza che contraddistinse anche le conazioni che si susseguirono per quasi quattro secoli, dal 1328, con Aloigi, al 1707, con Ferdinando Carlo, rendendo la monetazione gonzaghesca una delle più caratteristiche e interessanti per valore artistico e originalità nel vasto panorama italiano dell’epoca, con soggetti che variavano dal carattere sacro al mitologico, e con riferimenti agli avvenimenti contemporanei o alla storia della casata. Ma prima di dissertare intorno alle rappresentazioni che compaiono sulle monete è necessario sottolineare come siano molti gli artisti che si sono cimentati con i coni per la famiglia Gonzaga: si ricordano, fra gli altri, Pisanello, Bartolo Talpa, Leone Leoni, Gaspare Molo e Gian Cristoforo Romano, tutte eminenti personalità dell’arte italiana.

Tornando alle monete in senso stretto, si può notare come le prime coniazioni richiamassero ancora quelle della Mantova comunale ed erano ricche di riferimenti a Virgilio, poeta che vide i suoi natali proprio in una località prossima alla città lombarda. Solo a metà del XV secolo compaiono le prime monete con ritratto, nello specifico sotto Ludovico II. Ma proprio con Ludovico si ritrova per la prima volta un elemento iconografico con un significato profondamente religioso, destinato però ad essere un motivo costante e caratteristico: la pisside. La tradizione racconta che Cassio Longino, il soldato romano che trafisse il Cristo in croce con una lancia, raccolse il sangue del Redentore in un ampolla, la pisside appunto, e dopo essersi convertito al Cristianesimo ed essere tornato in Italia, fu martirizzato proprio a Mantova. Le serie dei motivi sacri non si limita alla pisside, ma numerosi altri tipi compaiono negli anni a seguire, dimostrando quanto sia ricca l’ispirazione religiosa sulle monete dei Gonzaga: i Santi, come Andrea e Caterina d’Alessandria; la mezza figura del Cristo come Ecce Homo; le numerose immagini della Vergine; il crogiolo con le verghe d’oro avvolto dalle fiamme.

Se Virgilio caratterizza le monete dei primi Gonzaga, nel XVI secolo iniziano a manifestarsi altri soggetti legati all’antichità classica: il monte Olimpo, la figura di Ercole bambino o Davide e Golia. In alcuni casi compariranno anche leggende in greco antico. Ma nessuna monetazione è ricca come quella gonzaghesca per quanto riguarda la rappresentazione della natura o di oggetti: il sole raggiante opera del già citato Gaspare Molo; la galera sul mare in tempesta; la sfera armillare fasciata dallo zodiaco. Per non parlare del regno animale: la salamandra, il cervo, il levriero, l’alano che compaiono a più riprese nel XVI e XVII secolo.

Un altro aspetto per nulla marginale, anzi quanto mai importante, è rappresentato dal ritratto sulle monete, che manifesta come le coniazioni dei Gonzaga si inseriscano nel clima propriamente rinascimentale. Come detto, il primo ritratto che compare sulle monete è quello di Ludovico II, su un ducato d’oro databile attorno al 1460, esemplare che risente molto dell’influenza di Pisanello, il quale lavorò a Mantova fra il 1439 e il 1448. Per tutto il XV secolo e per quello successivo possiamo riscontrare una grande varietà di busti: testa nuda, laureata o con berretto. Con il XVII secolo la rappresentazione del Duca si evolve e diventa più ricca e complessa: si pensi a Ferdinando Gonzaga in abito cardinalizio o Carlo I con tanto di corazza e collare alla spagnola. Ma i Gonzaga non coniarono solo a Mantova. Se il ramo principale governava anche su Casale grazie al matrimonio di Federico II con Margherita Paleologa, i vari rami collaterali permettevano di estendere l’influenza della famiglia su Novellara, Sabbioneta, Guastalla, Pomponesco, Bozzolo, Castiglione delle Stiviere. Le monete che seguirono non hanno la varietà e la ricchezza iconografica della zecca di Mantova, ma presentano alcuni tipi interessanti ed emblematici per le città stesse.

Alla luce di queste considerazioni, non si sbaglia di certo nel sostenere che le coniazioni dei Gonzaga si inseriscono a pieno titolo all’interno delle monetazioni italiane ed europee del periodo, rappresentandone un’eccellenza per ricchezza di tipologie e raffinatezza artistica, raggiungendo l’apice dell’espressione rinascimentale prima e moderna poi, un esempio di arte abbinata alla moneta che nei secoli successivi in pochissimi casi è stata avvicinata.

Di Gabriele Tonello