La città di Torino ha visto nascere, nel corso dei secoli, innumerevoli eccellenze in campo orafo. Le richieste di gioielli importanti e raffinati provenienti dalla Corte Sabauda e dal mondo che la circonda aumentano notevolmente alla fine dell’ Ottocento con lo sviluppo dell’importante borghesia imprenditoriale piemontese, facendo emergere maestranze di grande talento. Cionondimeno, poche sono le pubblicazioni sui maestri orafi torinesi e, per molti di loro, manca del tutto una bibliografia di riferimento.
Tra le più originali personalità che tra gli anni Trenta e la fine degli anni Sessanta occupano il panorama della storia del gioiello torinese emerge quella di Anna Bacchelli (1898-1975) in arte Orisa, di cui il 5 aprile andranno all’ incanto da Aste Bolaffi alcune interessanti realizzazioni. L’artista, molto nota all’ élite torinese di quel periodo, è per lo più sconosciuta anche a tanti appassionati di gioielli.
Poche sono le indicazioni biografiche su di lei: appassionata di disegno, frequenta l’Accademia di Belle Arti e si avvicina all’arte orafa nella bottega del marito situata in piazza Carlo Alberto. Rimasta vedova, già verso la fine degli anni Trenta apre in Via Battisti 15 il proprio atelier con il nome di Orisa. Questo esotico nome d’arte deriva forse dalle divinità della religione yoruba, forze sacre che si manifestano nella natura e attraverso di essa. La natura stessa infatti è la sua grande fonte di ispirazione, riprodotta
con grande precisione veristica o reinterpretata in modo originale.
Le sue capacità creative si applicano al disegno e alla produzione di pezzi unici in cera che vengono poi realizzati da suoi collaboratori orafi. Negli anni tra il 1935 e il 1945, in piena autarchia, Orisa affianca a modelli tradizionali di ispirazione naturalistica alcune borsette, portacipria, trousse, spille e bracciali in argento e addirittura in metallo, prendendo a ispirazione motivi medievali e archeologici e riproponendone anche alcune tecniche di lavorazione, ad esempio la granulazione.
Le sue opere più note sono però gli splendidi tralci fioriti e le spille a cascata di motivi vegetali e floreali realizzati prevalentemente in platino negli anni Cinquanta, quando l’ atelier di Orisa diventa punto di riferimento dell’ alta società torinese sia per la rivisitazione e il riadattamento di gioielli di famiglia sia per la possibilità di acquistare pezzi unici originali e di squisita fattura.Tra i suoi committenti ricordiamo, oltre a grandi imprenditori, la famiglia reale italiana e il compositore Pietro Mascagni che dona alla soprano Margherita Carosio, interprete di Egloghe nel suo Nerone, una spilla in platino e diamanti raffigurante due fucsie.
Non sono noti punzoni riconducibili a Orisa e nessuno dei gioielli da lei eseguiti porta alcuna firma. Per l’individuazione certa di pezzi a lei riconducibili sono molto importanti le custodie originali che riportano il nome del suo atelier e soprattutto l’individuazione
di alcuni tratti distintivi dell’originale produzione.
Tra le caratteristiche delle sue creazioni possiamo individuare la tendenza al rifiuto della simmetria; nel paio di orecchini in diamanti e perle degli anni Cinquanta (base d'asta € 2000) si nota l’utilizzo di diamanti Vecchia Miniera, provenienti con molta probabilità da un gioiello smontato, ma soprattutto il motivo asimmetrico degli orecchini, simili ma non speculari, che fanno di questa difformità il loro punto di forza in un periodo storico in cui gli orecchini sono sempre e solo identici.
Altro tratto distintivo delle opere di Orisa è la preferenza, laddove viene utilizzato l’oro giallo, per il satinato e per texture piuttosto grezze che riprendono il motivo della corteccia, che si nota ad esempio in dettagli come il doppio gambo dell’anello in perle e diamanti (base d'asta € 1000), altro stilema dell’ atelier. Anche qui ritroviamo la mancanza di simmetria e un adattamento del modello alla forma delle perle.
Tutte le realizzazioni di Orisa trasmettono, attraverso uno stile innovativo e originale, la sensazione che alla base di ognuna vi sia una personalità spiccata, con un gusto sicuro e per nulla omologato ai modelli standard dell’epoca. Questo emerge anche nella coppia di anelli, da portare appaiati, la cui corolla snodata funge da pendente a sottolineare con il movimento la mano femminile (base d'asta: € 1500).
È importante sottolineare che quest’anno, per la prima volta nel panorama delle mostre italiane sul gioiello è stata esposta, al Museo Poldi Pezzoli di Milano nella mostra “Il gioiello italiano del XX secolo” una creazione di Orisa, segno di nuovo interesse per quest’artista torinese che esprime “il gusto del suo tempo attraverso una ricerca autonoma e originale” e fa emergere, con grande carisma, un talento riconosciuto che le permette di imporsi in un settore per tradizione dominato dalla presenza maschile.
di Maria Carla Manenti
Foto: Spilla in oro e rubini, 1960 ca; base d'asta: € 1000