SALVATORE EMBLEMA, UNA SOTTILE LINEA D'ORO


Una sottile linea d’oro rappresenta un filo etereo, ai limiti della trasparenza. Un confine, un limen come lo chiamavano i latini, tra due dimensioni, quasi tra la vita e la morte. Un brillante dinamismo fatto di materia tessile che intende esaltare la vita colta nella sua totalità, naturalità ciclica, rinascita. Questo è l’oro di cui parlo. E che splende, ricorre e attraversa la serie di opere di Salvatore Emblema che sono state selezionate per quest’asta. Un artista napoletano ma che con Torino e la sua cultura ha avuto un legame speciale, nel momento apicale della sua carriera. Salvatore è stato, a suo modo, un precorritore di alcuni di quegli atteggiamenti di ricerca che poi diventeranno l’Arte povera, la Land Art e, per molti versi, anche l’arte concettuale. Queste opere rappresentano una felice testimonianza della vita e della carriera di questo artista, che proprio a partire dagli anni Settanta, ha eletto Terzigno, un paesino alle falde del Vesuvio, il suo “Buen Retiro” creativo. Un filo - ancora una volta - che lo ha legato al Vesuvio. Una metafora della precarietà di un vivere sotto un vulcano dalle intenzioni indecifrabili, cangianti e che tuttavia, Emblema elegge ostinatamente quale proprio luogo dell’essere. La vita, anche quella di un artista, non è mai priva di rischi. Può essere avvincente come un gioco e va affrontata con coraggio, consapevolezza e leggerezza. 

È con questa attitudine che Emblema ha sempre giocato con il Vesuvio e utilizzato con sapienza gli elementi naturali tipici di questo luogo. Ceneri e polveri laviche che spesso intridono la trama della tela e che parlano di una terra, delle sue trasformazioni e della ciclicità dell’esistenza. Si tratta di un lirismo dal carattere universale, un racconto visivo che ha sempre voluto sottolineare la possibilità di usare la natura come medium per creare arte e non di usare l’arte per invadere o sconvolgere gli equilibri della natura. Un albero o una pietra per lui, non sono mai stati un semplice modello da copiare nell’espressione del proprio pensiero creativo. Sono stati semmai strumenti operativi, da ridurre in carbone e materia cromatica per la propria pittura. I suoi lavori, quando inseriti in un contesto naturale, sembrano quasi ritrovare la propria più intima identità. Un cordone ombelicale che diventa un filo di juta tinto con colori che paiono fatti di una sostanza alchemica, come fossero il frutto di trasformazioni naturali. Oggi, nonostante lo scorrere del tempo quel colore sembra intatto, vivo nella sua intensità e imperitura nitidezza. Questa è la lezione lasciata da Salvatore Emblema: una sottile linea d’oro che disegna un voluttuoso e forte abbraccio tra natura, arte e vita. (di Ernesto Esposito)

"Caro Emblema, poiché non l’ho incontrata alla sua mostra, voglio dirle quanto abbia apprezzato la serietà e la qualità del suo lavoro. Mi ha colpito la meditativa malinconia “metafisica” dei suoi quadri. Lei è consapevole della crisi del “quadro” nella cultura artistica odierna: contestato come prodotto di una tecnica raffinata e come portatore di un messaggio, il quadro sopravvive tuttavia come una dimensione, un luogo, sebbene deserto, della nostra coscienza. Era lo strumento dell’immaginazione: lo schermo magico sul quale l’immagine prendeva corpo di oggetto, si dava come realtà, si faceva coscienza. Ma in questo nostro tempo che glorifica l’informazione, l’immaginazione è paralizzata, il suo schermo vuoto non dice che la propria disponibilità o virtualità. Analizzando la realtà oggettuale del quadro - niente altro che la tela, il telaio, il campo della preparazione - lei constata che ha assorbita e fatta propria la mutabilità e la luce dell’immagine. Il quadro si sensibilizza perché non si limita a ricevere, fa la pittura; non è solo uno schermo, è una matrice. È l’ipotesi, o la prospettiva, di uno spazio immaginario. E anche questo è un messaggio: malinconico, ma non disperato." (Lettera Aperta alla Galleria Stein, Torino.Giulio Carlo Argan, 1972)

 

ASTA ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Martedì 10 novembre 2020 ore 17.00
Sala Bolaffi Torino, Via Cavour 17

ESPOSIZIONE
da giovedì 5 a martedì 10 novembre 2020 (domenica inclusa)
Sala Bolaffi Torino, via Cavour 17