Nessuna tipologia di orologio ha mai destato maggiore interesse collezionistico di quella dei cronografi. Le ragioni sono sicuramente molte, ma occorre sottolineare come in nessun’altra complicazione la componente estetica abbia sempre rivestito un ruolo così importante, tanto da diventare un parametro nel decretare la quotazione di mercato di un orologio, spesso a dispetto del blasone del marchio e dello stretto valore economico del pezzo stesso.
I cronografi hanno una varietà di design caleidoscopica, e il loro successo si basa sull’equilibrio di componenti imprescindibili ma estremamente eterogenee che ne costituiscono il DNA: i pulsanti sul lato cassa, i contatori sul quadrante, le scale che mettono in rapporto la misurazione del tempo a diverse unità. Ripercorrere brevemente la storia di questa complicazione ci aiuterà ad apprezzarla al meglio.
Il primo cronografo conosciuto al mondo fu un orologio da tasca prodotto da Louis Moinet nel 1816, che permetteva di misurare i tempi in sessantesimi di secondo.
Altra data cruciale è quella del 1822, quando Mathieu Rieussec brevettò uno strumento che depositava una piccola goccia d’inchiostro sul quadrante all’inizio e alla fine di ogni misurazione; il sistema presentava ovvi inconvenienti ma rimase in utilizzo per un periodo sorprendentemente lungo, utilizzato da una società avida di misurare il tempo per la crescente diffusione degli eventi sportivi e in particolar modo delle corse di cavalli.
Una svolta in chiave moderna della cronografia avvenne nel 1844, quando Adolphe Nicole inventò la camma a forma di cuore, una componente del movimento ancora utilizzata negli orologi moderni, che permette le tre funzioni fondamentali di ogni crono: quelle di partire, fermarsi e tornare a zero dopo aver indicato il tempo trascorso.
Da questo momento la storia del cronografo prende un po’ di respiro, e dai mondani ippodromi saranno le brutali trincee della guerra mondiale a causare l’evoluzione di questi orologi. I soldati si resero conto della scomodità di portare orologi da tasca tra gli ingombranti equipaggiamenti militari, realizzando di avere bisogno di strumenti da poter consultare con immediatezza, al polso.
I primi cronografi da polso non furono altro che orologi da tasca adattati, con delle anse saldate alla cassa. Sarà Moeris nel 1910 a realizzare i primi calibri di dimensioni ridotte, pensati per casse di misure contenute; seguiranno immediatamente altre maison che contribuiranno a sviluppare i primi crono da polso, tra cui Lemania, Universal Genève, Eberhard…
Parliamo di meccaniche azionate da un solo pulsante che gestiva in sequenza lo start, lo stop e il reset. Nel 1933 fu Breitling a brevettare il primo cronografo a due pulsanti, creando l’archetipo di orologio che ben conosciamo.
L’anno 1936 segnò l’ultima innovazione di grande portata, quando Longines lanciò il primo crono con la possibilità di far ritornare a zero e ripartire la lancetta mentre l’orologio è ancora in funzione, complicazione denominata flyback. L’evoluzione tecnica del cronografo raggiunge a questo punto la maturità e standard ben codificati, aprendo la strada a una sperimentazione senza precedenti, che darà alla luce un enorme numero di modelli molto vari.
Alcuni diventeranno pezzi iconici universalmente riconosciuti, altri invece saranno maggiormente apprezzati da nicchie di collezionisti, cultori di specifici marchi come di distintive cifre di design. Alla luce di questa varietà, quando si discute del collezionare cronografi è quasi impossibile tirare definite linee guida. Il suggerimento è quello di scegliere i pezzi che più soddisfano il nostro senso estetico, oltre alle mode e a ogni possibile speculazione economica. Collezionare cronografi può rivelarsi un’appagante ricerca per comprendere gli sviluppi di un oggetto così amato, e la storia dell’orologeria stessa.
Nella nostra prossima asta dell’8 aprile saranno presenti cronografi di diverse epoche, realizzati dalle maison che hanno contribuito a creare il mito di questa complicazione in particolare tra la metà degli anni ‘40 e la fine degli anni ’60.
Tra questi, un Eberhard Pre Extra-Fort con raro quadrante settoriale, un Universal Genève Uni-Compax in condizioni pari al nuovo, e veri e propri modelli iconici dal design senza tempo come un Omega Speedmaster Pre-Moon 105.012 e
due Rolex Daytona manuali, un 6240 e un 6263. (di Alessio Coccioli)
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